Non avrai altro Rating all’infuori di me


Cresce in Europa la critica nei confronti delle “Big Three”, le tre Società di rating più importanti a livello mondiale.Venerdì, in seguito alla notizia della riduzione del debito portoghese, si è assistito a un vero e proprio bagno di sangue finanziario. La reazione scomposta e nevrotica dei mercati ha portato bruscamente lo spread dei titoli di stato dei paesi periferici dell’area euro a livelli record. E pensare che giovedì le borse erano andate bene, incorporando senza problemi le voci su una possibile revisione al ribasso dei titoli italiani e l’aumento dei tassi di interesse da parte della BCE.

Poi il panico. Prima il declassamento del Portogallo, poi le voci infondate sulle presunte dimissioni di Tremonti e, infine, nel pomeriggio, i dati scoraggianti sulla occupazione americana.

Per quanto riguarda l’Italia è in particolare il settore bancario ad essere stato colpito. La Consob ha subito deciso di indagare sulle dinamiche che hanno scatenato il crollo dei titoli. Movimenti speculativi che alimentano le solite manovre poco trasparenti, probabilmente sullo sfondo di una partita che si gioca per il controllo delle quote libiche di UniCredit.

La possibilità di attuare una simile speculazione, però, emerge quando ci sono le condizioni propizie. Condizioni soprattutto psicologiche. Venerdì questi presupposti si sono materializzati quando le agenzie di rating americane hanno improvvisamente declassato i titoli. Come un direttore di orchestra, che scandisce il tempo con la bacchetta, il declassamento ha creato le condizioni di nervosismo e panico che hanno aperto i grandi spazi di manovra della speculazione internazionale. Ma, ancora una volta, qui prodest?

Direi che rispondere a questa domanda è in pratica impossibile. Chi ha giocato quale ruolo? Chi ha venduto? Ci sono di mezzo i così detti limiti di stop loss? Ci sono state vendite scoperte da parte di qualcuno?

Non lo sapremo mai. Quello che rimane, però, è la consapevolezza dello sconvolgente potere di queste agenzie. Il potenziale geopolitico che detengono. Il declassamento di venerdì aveva l’eco sinistro di una dichiarazione di guerra all’Europa. E in effetti le reazioni politiche sono state fortissime.

Le agenzie di rating americane possono far fallire un Paese o una intera comunità di paesi con un semplice tratto di penna. A conclusione di un processo di valutazione tutt’altro che trasparente. I metodi e le motivazioni delle decisioni prese da queste agenzie, infatti, non sono spiegati dettagliatamente. Inoltre, c’è un problema di conflitto d’interessi, visto che queste società sono private e riferiscono ad azionisti che rispecchiano l’elité della finanza internazionale (leggi speculazione). A tutto questo si aggiunge la tempistica inammissibile di tali dichiarazioni. Senza una scadenza fissa, compaiono improvvisamente, come fulmini a ciel sereno gettando scompiglio sui mercati e influenzandone l’andamento.

Fino a che i mercati le seguiranno loro avranno questo potere. Ma per quanto ancora? La loro credibilità è venuta meno se si ricorda che Lehman Brothers aveva un giudizio tripla A fino al giorno prima di fallire. Lo stesso vale per Parmalat, Enron e altri scandali.

Alla luce di tutto questo, in Europa si discute di creare un’agenza di rating Europea mentre la Cina ne ha già una. Si chiama Dagong e circa un mese fa ha declassato il debito americano. Qualcosa che fino a poco fa sarebbe stato inconcepibile e che fa rabbrividire qualsiasi operatore di borsa. Come sorprendersi però? Sembra alquanto insolito che il prezzo a cui viene venduto un credito sia fissato dal debitore. La Cina, infatti, non può imporre agli americani di risanare i conti pubblici ma può, e legittimamente cercherà, di fissare il prezzo a cui concedere nuovi finanziamenti. Gli Stati Uniti potranno ancora godere di una fonte di credito inesauribile ma non a basso costo.

Qualcosa dovrà cambiare.

Avere più agenzie di rating legate ai paesi di origine, però, rischio di accrescere l’instabilità dei mercati. Appare interessante, invece, la proposta di delegare al Fondo Monetario Internazionale la funzione diciamo di “agenzia di rating di ultima istanza”. Purtroppo però ancora una volta, l’FMI non viene chiamato a svolgere il ruolo che gli spetterebbe. Un suo possibile coinvolgimento non sembra essere gradito, specialmente negli USA.

Non ci resta che prepararci a vivere in un mondo ancora più polarizzato. Tra est, ovest, vecchi e nuovi continenti, imperi di mezzo e potenze dormienti, nuovi elementi si aggiungono al livello di entropia generale.

2 thoughts on “Non avrai altro Rating all’infuori di me

  1. Ottima descrizione degli eventi.
    Ma siamo sicuri che affidare al FMI un ruolo che non è il suo sia la soluzione del problema? Il fondo nell’ultimo decennio ha cambiato pelle, venendo meno molte volte al mandato per cui era stato creato. Non dimentichiamoci che i principali azionisti di questo fondo sono proprio i paesi occidentali maggiormente indebitati, quindi si rischierebbe di passare dalla padella alla brace senza risolvere un bel nulla.

    Quello che manca in questo momento, secondo me, è il coordinamento sia in ambito europeo sia a livello globale. E’ inammissibile che vi siano paesi con avanzi commerciali enormi, come è altrettanto inammissibile che si finga di non vedere che il vero problema sistemico sono gli Stati Uniti (AAA per le agenzie di rating).
    Attualmente siamo in una situazione paradossale in cui l’enorme quantitativo di moneta immesso nel sistema per risollevare l’economia sta soffocando l’economia stessa. Se si aggiunge che i titoli sovrani ritenuti “sicuri” sono drasticamente diminuiti (circa di 4600 miliardi di $) si riescono anche ad individuare le cause della volatilità che regna sovrana in ogni mercato dall’energetico (Brent +-10$ in un giorno di contrattazioni) all’obbligazionario. Alla faccia degli agenti razionali!.

    • Sono d’accordo con te, non avrebbe senso delgare al FMI che conosciamo oggi. Sarebbe necessaria una riforma. Avevanio provato a proporla i Paesi emergenti e sembrava che potezssse muoversi qualcosa, poi, appena qualche mese prima della naturale scadenza del mandato di DSK hai visto anche te quello che è successo.
      Non voglio fare il cospirazionista ossessionato dai governi ombra, però ad oggi, della riforma del Fondo non si parla più. E’ fuori discussione. E l’elezione del nuovo direttore è stata fatta in un clima di emergenza, evitando il rischio, di fatto, di un candidato espressione dei Paesi emergenti.

      Per quanto riguarda l’ultima parte del tuo commento: il problema è sempre quello, chi decide quanto e quali sono i “Sovrani Sicuri”?

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